STORIA DEL COLLEGIO SENATORE
Il Monastero di Santa Maria e Sant'Aureliano, detto comunemente Monastero del Senatore, fu uno dei più antichi e importanti monasteri femminili di Pavia. Fu fondato nella prima metà dell'VIII secolo (nel 714 secondo un documento forse apocrifo), dal nobile Senatore (uomo di probabile origine latina - suo padre si chiamava Albino - ascritto tra i potenti longobardi e appartenente alla cerchia del Re) e dalla moglie Teodolinda, trasformando in cenobio la propria abitazione, dove già vivevano come monache la figlia Sinelinda, e Liceria, sorella di Senatore. Inizialmente soggetto al vescovo di Pavia, il monastero seguiva la regola benedettina; il papa Urbano IV lo pose sotto la diretta giurisdizione della Santa Sede. Il monastero aveva la qualifica di Abbazia, e la Badessa era eletta dalle monache.
Re e imperatori nei secoli IX-XII furono generosi di donazioni, conferme, immunità verso questa abbazia. Essa possedeva Porlezza e Mondondone (fraz. di Codevilla), e molte terre attorno a Voghera, su cui, grazie alle sopraddette immunità, esercitava la signoria feudale. Questi beni andarono assottigliandosi nel tempo, ma il monastero rimase sempre assai ricco. Nel 1778 la sua rendita ammontava a 35.395 lire, e vi risiedevano ben cinquantuno monache. Nel XV secolo l'abbazia fu unita alla congregazione benedettina cassinese. Nel 1799 fu soppressa e i suoi beni venduti a privati e dispersi.
Il monastero del Senatore si estendeva su un'area vastissima proprio al centro di Pavia, occupando non solo un intero quadrato della scacchiera romana della città (a nordovest del Duomo) ma, interrompendo l'originario tracciato del decumano massimo (attuale corso Cavour) giungeva fino alla via di San Giovanni Domnarum, grazie all'acquisizione delle case già dei Bottigella: soltanto dopo la soppressione del monastero, nel 1804, questo tratto di strada fu riaperto.
Distrutta e rifatta più volte in vari stili e in varie epoche; l'ultimo edificio in stile rinascimentale fu distrutto nel 1804. L'ingresso al Monastero era sito, probabilmente in Via Menocchio, mentre la chiesa aveva il suo ingresso in Via Bossolaro, di fronte all'allora Paratico dei Macellai e dove molto recentemente era sorta una sala cinematografica. Tutto il complesso, fuorché la Chiesa, fu rifatto ai primi del 1900, ed è l'attuale dimora delle Suore Canossiane, che occupano praticamente l'edificio rivolto su via Menocchio. Abbiamo fatto visita all'attuale sede del Monastero Senatore e, cortesemente accompagnati, abbiamo visitato le più significative aree del monastero stesso, respirando quel senso di serena tranquillità spirituale che aleggia in ogni angolo del fabbricato. Di seguito alcune immagini attuali e del passato relative alla ammirevole gestione dell'intero complesso
Il chiostro del Monastero, caratterizzato da un luminoso porticato al piano terreno. Sullo sfondo la Torre Civica, crollata il 17 marzo 1989. Una targa ricorda che il chiostro e il monastero sono stati visitati dal Pontefice Benedetto XVI°, in occasione della visita alla nostra città il 21 e 22 aprile 2007.
La chiesa del Monastero del Senatore è riservata alle celebrazioni liturgiche delle Suore e delle ospiti del collegio universitario femminile che ha sede appunto nell'interno dell’edificio. La chiesa e parte dell'intero complesso sono stati ristrutturati nel secolo scorso e in particolare, nel 1945, in omaggio alla religiosa M. Erminia Gandolfi, l’altare viene completamente rinnovato con marmo. In quella occasione il quadro in fronte all'altare venne sostituito con l’attuale icona dell’Addolorata, lavoro egregio del pittore Antonio Villa.
Il quadro sostituito si trova oggi in una sala ospitale prossima all'ingresso principale. Si tratta di una grande tela di mt. 2,70 x mt. 1,72, ben conservata, opera di Giuseppe Crastona, risalente all'anno 1701 e l’autentica si trova nell’angolo a destra del quadro stesso. Nell'agosto del 1988 è stata restaurata dal pittore Taglierini di Bascapè. Alle origini si trovava nella Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, officiata allora dai Padri Minori Conventuali, cacciati i quali, nella fine del sec. XVIII, venne portata al Monastero del Senatore. Rappresenta la SS.ma Concezione di Maria, il Bambino, S. Gioacchino e S. Anna in gloria, e in basso S. Antonio da Padova, in abito da conventuale.
Queste notizie storiche sono di Mons. Gianani che gentilmente ne fece ricerca, sottolineando l’accostamento, attraverso un pittoresco squarcio (una finestra che lascia intravedere l’Albero della Vita insidiato dal serpente, vinto e schiacciato dal piede della Vergine) del Vecchio al nuovo Testamento
LE CANOSSIANE A PAVIA (dalla Cronaca della Casa)
Nel 1852 il Vescovo mons. Angelo Ramazzotti chiamò in questa città le Canossiane a “Educare le figlie del popolo” nell’arco di un ventennio l’azione educativa della Grazia del Signore fruttificava a favore delle famiglie e la stima per le Suore cresceva nel popolo e nel clero. Il sacerdote Giovanni Novaria, edificato dalla loro dedizione apostolica nominava le Figlie della Carità sue eredi universali affinché aprissero, in città, una seconda casa per l’educazione delle cieche. Era una sfida allo spirito anticlericale del secolo. A causa delle gravi difficoltà create dalle leggi civili di soppressione già in vigore, il Novaria nominò erede fiduciario il vescovo mons. Lucido Maria Parocchi.
Il 21 novembre 1874, festa della presentazione di Maria al tempio, lo stesso Vescovo inaugurava, in modo solenne, la casa destinata ad accogliere le cieche, ad iniziare la scuola popolare di studio e lavoro e un convitto per ragazze abbandonate ai pericoli della strada. M. Luigia Grassi, superiora primaria, accompagnava qui le cinque Sorelle, prima Comunità di questa Casa M. Angela Gaiara, superiora, Gandini Maria Folli Costantina, Manelli Ernesta e M. Rosa Rigamonti; cariche di fervore, sollecitate dalle urgenze di adattare “il tugurio” a capacità di accoglienza, le Madri si esprimevano in sincera umiltà tanto da suscitare in breve tempo interesse, simpatia nelle persone sensibili all’opera caritativa.
La “Cronaca” descrive episodi traboccanti di spirito evangelico, pare di rivivere quanto narrano le prime pagine degli Atti degli Apostoli. Ad esempio: La sig.ra Quintilia Chiari chiedeva alle Suore, a titolo di carità, di accettare la sua carità e si spogliava di quanto possedeva per beneficiare l’Istituto”. Al convitto delle cieche si aggiungeva quello per fanciulle orfane, abbandonate e pericolanti. La cappella venne arredata di una pala artistica per l’altare, è un “antico quadro appartenuto alla nobil Casa Botta Adorno”. Oggi questa sala s’ammira nel parlatorio del Pensionato. Il Vescovo, mons. Agostino Riboldi, scelse qui alcuni ambienti per organizzare l’associazione delle giovani operaie, la società di S. Vincenzo e nel 1893 volle che questa Casa diventasse convitto per le allieve normaliste che frequentavano le scuole pubbliche. Questo alacre procedere nell’opera educativa fu improvvisamente bloccato dall’intervento dell’autorità civile: dal 1915 al 1919 tutto il locale fu richiesto per adibirlo ad ospedale militare.
Le Sorelle, abbandonata la scuola, si rivolsero con cure di “mamma madre” ad assistere i feriti. A perenne memoria delle premurose cure ricevute i degenti s’impegnarono a costruire la grotta che accoglie, ancora oggi, la statua della Vergine come a Lourdes. Ritornò finalmente la pace e, nella serenità, questo ambiente ridivenne simile ad un alveare di gioventù.
Durante la guerra del 1940 – 45 la Casa fu nuovamente requisita del potere civile (militare?) per ospitare le “Ausiliarie dell’esercito”. M. Livia Ciampanelli svolse, con le sue Sorelle, un compito difficile che richiedeva prudenza, equilibrio nelle relazioni guidate sempre da carità. Il 25 Aprile 1945 i partigiani si presentarono in portineria per catturare le ragazze, ma esse erano già fuggite passando dal portone di V. Parodi.
Appena cessata la bufera la casa si ripopolò con un centinaio di convittrici che frequentavano le scuole pubbliche, ad esse si aggiunsero una quindicina di universitarie. Dalle famiglie fu richiesta l’apertura di una sezione di scuola materna per i loro figli: essa rimase in funzione fino agli anni 70. In seguito gli ambienti furono adibiti a classi di catechismo e oratorio parrocchiale. Con la diffusione di scuole statali medie e superiori diminuì la richiesta del Convitto, nel 1974 venne definitivamente chiuso. Con il passare degli anni Pavia divenuta città “universitaria” la casa ha assunto una precisa identità trasformandosi in Collegio Universitario ed è per questi motivi che negli anni 2001 si è dato inizio alla ristrutturazione dei vari ambienti per le studentesse universitarie.